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Let it be



Sono stati due giorni ma potevano essere una settimana come un'ora sola. Io e il mare non ci vedevamo da due anni ma è stato come non averlo mai lasciato.
Ho fatto un viaggio in auto con una playlist improbabile che spaziava dalla Macarena a Jhon Mayer, dai Pooh ai Beatles. Ho dormito in una stanza grande come uno sgabuzzino in un letto bianco come la sabbia di un'isola polinesiana ma con una balcone strepitoso, con tanto di tavolino rotondo e sedie in ferro battuto. Ho ingerito una quantità di calorie bastante a un uomo adulto per scalare l'Everest e ho nuotato fino ad avere la percezione di ogni mio muscolo e il fiatone. Abbiamo costruito un castello di sabbia solo per poterlo distruggere, abbiamo fatto il bagno a mezzanotte illuminati solo dalle insegne che si riflettevano nell'acqua.


 Ho mangiato la focaccia come solo in Liguria la sanno fare, un panino così pieno che quasi non riuscivo ad addentarlo, quintali di gelato alla viola e granite come se non ci fosse un domani. Ho dimenticato a casa le infradito e ho comprato le espadrillas, ho perso un orecchino e l'ho sostituito con un dilatatore a spirale. Ci siamo regalati un braccialetto che è solo una striscia di cuoio e abbiamo scoperto l'esistenza dell' Estathé Ice. Ho camminato sul bagnasciuga leggendo Buzzati indossando un kaftano nero, e ho pensato che la felicità avesse proprio quel sapore.


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