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You call this a life?



Mentre tutti kuelli ke kontano sono appena tornati da Coachella io sono ancora qui a cercare di laurearmi, ancora con le stesse insicurezze attaccate alla schiena come una patina di sudore freddo, ancora con quel bisogno di una pacca sulla spalla, ancora con il desiderio di sentirmi dire "brava". Di certezze ce ne sono sempre state poche, e ultimamente sembrano diminuire, così come gli amici e le cose in cui credo. Ho sbagliato a non fidarmi del mio istinto, lo sentivo lì a settembre, al mio fianco, strillarmi nelle orecchie "scappa! corri! metti quanta distanza puoi tra te e loro!", io ho sorriso e ho detto solo: "ci sono". Io il mio istinto me lo immagino incarnato in Mark Pellegrino, so crepy man, ignorarlo non è facile e certamente mai saggio. Sbagliare non è mai stato un gran problema, purché ci fosse da imparare, io questa volta la lezione non la vedo. "Non fidarti più di loro" può essere una lezione?
Diranno che la prendo troppo sul personale, già lo so, già me l'hanno detto, diranno che la cosa giusta è lasciare il passato alle spalle, diranno che non serve a nulla portare rancore, diranno che se c'è la motivazione non serve altro. Quello che non diranno è che quando si inizia a parlare di un "te" contrapposto a "loro" è già tardi per tornare un "noi". Mi dispiace soprattutto perché quel "noi" mi faceva stare bene e mi teneva al riparo dalle cattiverie del mondo, ma è solo nostalgia.
Sto in silenzio, sorrido, stare in silenzio non vuol dire non avere nulla da dire. Canticchio -io non so bene come è cominciato, è che ho iniziato a dire troppi no, sarà per questo che tu mi hai lasciato e non ci soffrirò nemmeno un po'- sorrido, sto in silenzio.

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