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Il 2016 doveva essere il mio anno


Per le prime 24 ore non riuscivo a non piangere, non riuscivo a smettere di pensarci. Dopo tre giorni riuscivo a raccontarlo e parlarne mi ha fatto sentire meglio. Ci sono cose per cui non si può mai essere completamente preparati, anche se ce le hai davanti agli occhi da mesi.
Ho abbracciato mia madre, per la prima volta mi ha detto che è orgogliosa di me, triste che sia uscito in questo frangente. Ho abbracciato mio padre, per la prima volta gli ho detto che gli voglio bene, triste che sia uscito in questo frangente.
Poi per tanto tempo non mi sono sentita di scrivere niente e ancora adesso non mi va di parlarne, non qui. Le cose evolvono a una velocità folle e ho capito che a volte e meglio seguire la corrente piuttosto che cercare di analizzare come ci si sente. Stare bene ha richiesto tutto il mio impegno e non mi ha lasciato energie per poter pensare a come stavo, a cosa pensavo, a cosa mi faceva soffrire davvero e cosa invece poteva quasi essere visto come un miglioramento. Ho dovuto davvero metterci tutto il mio essere, per essere forte e sincera. A quasi due mesi di distanza mi sento di dire che ce l'ho fatta, che sono fortunata e che sono felice. Abbiamo dei preconcetti sulle cose che ci servono per essere felici, ci abituano a pensare che alcune zavorre non sono sganciabili anche se sono quelle che ci impediscono di stare bene; e siamo così tanto convinti che subentra subito un senso di colpa, bisogna imparare a sganciare anche quello. Io non so se sto facendo bene, se sono una figlia ingiusta oppure no, quello che so è che quello che ho fatto e continuo a fare è non solo per sopravvivere ma per vivere bene.
Ho pensato che la possibilità di fare di quest'anno un successo fosse ormai perduta e invece mi sono resa conto che succede che ci si senta vincitori e invece si è sconfitti e viceversa.

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